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P. Sebastian: La mia vocazione dall’incontro con Madre Teresa











Oggi iniziamo a presentare il racconto di p. Sebastian Vazhakala, considerato il co-fondatore del ramo contemplativo dei Missionari della carità, il ramo sacerdotale dell’opera della Madre. Nato il 2 settembre 1942 a Vayala (Kerala) da una famiglia cattolica di rito siro-malabarese, p. Sebastian ha accettato di essere intervistato a lungo presso la Casa Serena, dove lui e i suoi confratelli offrono ospitalità a persone senza tetto. La sua vita destinata alla carriera bancaria, è stata capovolta dall’incontro con Calcutta e con Madre Teresa. L’intervista del sacerdote sarà disponibile anche in video. Ecco quanto ha detto all’operatore di AsiaNews Gian Luca Lulli.



La mia vocazione è iniziata prima della mia nascita! Secondo la Bibbia la vocazione inizia con Dio che ci crea. E non è che sono io a dare inizio alla mia vocazione: solo che io devo scoprirla in un certo momento.



Al profeta Geremia, che trovava tante scuse per non partire in missione per Dio (“sono giovane; non so parlare; ...”), Dio dice: “Io ti ho conosciuto prima ancora che tu fossi formato nel grembo materno” (cfr. Geremia 1,4-10). Questo significa che la nostra vocazione è prima della fondazione del mondo!



Io ho cominciato a scoprire la mia vocazione personale attraverso l’esperienza di mio padre. Lui era molto coinvolto nell’aiutare gli altri. Poi c’è stata la formazione religiosa al catechismo. Quando ho avuto 19-20 anni, ho trovato un lavoro in banca, ma ho sempre avuto il desiderio di andare in missione ... Questo avveniva nel 1962. In quell’anno sono andato a partecipare a un ritiro vocazionale per diventare sacerdote. Ma mio padre non voleva che io entrassi in seminario. C0è voluto l’aiuto del vescovo e così nel luglio ’62 sono entrato a studiare in seminario.



Dopo due anni, mi sono trasferito in missione nell’India del Nord a Ranchi (Bihar) e ho continuato gli studi là. E proprio a Ranchi ho incontrato Madre Teresa. Non proprio personalmente: lei era venuta là per una conferenza e io l’ho ascoltata. Era il marzo 1966.



Allora Madre Teresa non era famosa come adesso, ma ci colpiva quello che lei diceva e come lei viveva il Vangelo, come lei operava, come assisteva i poveri. Il giorno dopo averla ascoltata, sono andato dal padre spirituale e gli ho detto: Padre, ho trovato la mia vocazione definitiva. Ma lui non ha voluto credermi e mi ha consigliato di continuare gli studi ancora per tre anni. MI ha dato però il permesso di andare a Calcutta per fare almeno una piccola esperienza.



L’immergermi in Calcutta è stato uno shock. Anche se sono indiano, non ero preparato a una visione di quella città, così speciale. Dopo l’indipendenza dell’India e la divisione fra India e Pakistan (1948) e dopo la divisione fra East Pakistan (l’attuale Bangladesh) e West Pakistan (l’attuale Pakistan), nel 1971, milioni e milioni di persone erano giunte in India dal Pakistan e si erano concentrate a Calcutta. Questa ex capitale dell’impero britannico era divenuta una “città della miseria” (quella che dopo è stata definita da un autore “la città della gioia”. E lì ho incontrato Madre Teresa di persona: era il 30 novembre 1966.



Io le ho detto: madre, a me piace molto assistere i poveri, servirli, avere questo impegno sociale.



Lei mi dice: Noi non facciamo questo tipo di lavoro sociale; noi facciamo un lavoro per Dio. Io non capivo la differenza. Lei mi ha spiegato: Noi facciamo questo per una persona: Gesù. Perché Lui ha detto “io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ... Ogni volta che avete fatto questo a uno dei miei più piccoli fratelli, lo avete fatto a me” (cfr. Matteo 25).



Questa spiegazione mi è entrata nel cuore. In effetti, c’è una differenza fra uno che lavora con i poveri come per un mestiere, per un impiego, o per un programma di assistenza e uno che lo fa per Gesù. Magari chi lo fa per mestiere lo farà anche meglio, ma noi lo facciamo per Gesù. Nella nostra regola vi è un quarto voto, quello del “servizio gratuito con tutto il cuore” ai più poveri dei poveri. Non solo un servizio, ma uno gratuito con tutto il cuore e per i più poveri dei poveri.



Le spiegazioni che mi ha dato Madre Teresa sono stati sufficienti: avevo deciso che quella sarebbe stata la mia forma di vita.



Ho finito gli studi, anche se durante le vacanze passavo del tempo a Calcutta e il 7 aprile del 1967 mi sono trasferito a Calcutta. Da quel giorno in poi sono stato insieme con Madre Teresa fino alla sua morte, il 4 settembre 1997.



Dal ’67 in poi ho studiato quattro anni ancora a Pune, poi sono stato trasferito a Los Angeles per due anni; poi a New York, dove è venuta a trovarmi la Madre.



Il 2 giugno 1978 sono arrivato a Roma e dall’8 marzo 1979 sono a Borghetto Prenestino. Allora abbiamo iniziato l’apostolato notturno: andavamo in giro per diversi quartiere a portare cibo, vestiti, indumenti, coperte soprattutto d’inverno. Eravamo circa 40 volontari; ci dividevamo in tre gruppi ogni notte e facevamo turni per tre volte alla settimana: domenica, mercoledì e venerdì. L’apostolato ci portava in molti quartieri: Forlanini, Trastevere, Colle Oppio, Ponte Casilino, Stazione Tiburtina, Termini, Piazza Vittorio...



Visto che molti continuavano a dormire in strada, abbiamo pensato di costruire un centro di accoglienza. Abbiamo presentato la domanda nell’89, ma a causa della burocrazia, pur girando di ufficio in ufficio, abbiamo ricevuto il permesso solo il 10 marzo 1992. Intanto avevamo conosciuto un architetto che ci ha chiesto: Cosa posso fare per voi? Noi l’abbiamo preso come un segno della Provvidenza. Fra noi è così: quando abbiamo bisogno di qualcosa, la Provvidenza si fa sentire. Gli ho parlato del nostro progetto e lui ha accettato di lavorarci; è divenuto il direttore dei lavori e non ha mai chiesto una lira o un euro!



In questo modo abbiamo costruito Casa Serena. Madre Teresa è venuta all’inaugurazione il 29 maggio del 1993. Da quel giorno Casa Serena è un alloggio notturno per i più poveri dei poveri di Roma. Abbiamo 72 letti e vorremmo ampliare il centro, ma ci mancano i permessi e i mezzi materiali. Ogni giorno al nostro cancello si presentano una trentina di persone a prendere panini o indumenti. Ogni mese, l’ultimo sabato del mese, distribuiamo viveri. Vengono circa 100-120 persone che con la loro pensione minima non riescono a sopravvivere. Vengono dalla Laurentina, Ostia Lido, Tor Bella Monaca, Torre Maura, Casal Bruciato, Tor Pignattara. Una volta venivano solo persone anziane. Ora vengono anche molti stranieri migranti.



Il primo settembre, tutti quelli che vengono a prendere i pacchi da noi sono invitati alla Festa dei poveri, all’auditorium di Santa Cecilia a Roma: abbiamo già distribuito loro i biglietti!

Fonte:
AsiaNews







“Rifiuterai di fare questo per me?”: è la domanda che Gesù ha posto a Madre Teresa di Calcutta in una delle sue esperienze mistiche. La vita della futura santa è stata la risposta a questa domanda. P. Sebastian Vazhakala continua il suo racconto dell’incontro con la Madre di Calcutta. La forza del suo vivere, e quella di tutti i Missionari e le Missionarie della Carità, è l’assimilazione con Gesù. Amore fino alla fine, anche nell’aridità.



Nel mio primo incontro con Madre Teresa mi ha colpito la sua fede semplice e la sua convinzione. Da come parlava si capiva che quello che diceva non erano parole a vanvera: la sua vita e la sua opera andavano insieme; lei diceva quello che viveva. Quando l’ho incontrata nel 1962 non mi ha colpito la sua persona in sé, tanto più che allora non era famosa come adesso. C’era qualcosa in lei che mi attirava: il modo con cui viveva il Vangelo. Anche mio padre mi ha insegnato a vivere il Vangelo per i poveri, per i più bisognosi, per gli altri. E lei faceva lo stesso. Eppure in lei c’era qualcosa di speciale, che ho capito molti anni dopo. Quando fai l’opera di Dio, il cuore diventa diverso: il cuore si riempie di gioia che irradia all’esterno e la persona è più certa, senza la tentazione di guardare agli altri.



Ad esempio, noi passiamo il tempo a giudicare quello che fa uno o l’altro. Se in una situazione vediamo delle persone nel bisogno, ci chiediamo subito di chi è la colpa, chi deve fare qualcosa. Ed è facile criticare: deve fare il sindaco, il vescovo, il sacerdote, questo, quell’altro.



Madre Teresa, quando ha visto la situazione di Calcutta non ha domandato: Ma perché il sindaco, il ministro, il vescovo di Calcutta non fanno qualcosa? No, si è posta solo una domanda: Cosa posso fare io? Solo dopo la sua morte si è capito che questo dono di sé era la sua vocazione di Missionaria della Carità, a cui Gesù stesso gli aveva domandato di aderire.



Dopo la sua morte sono emersi alcuni documenti scritti da lei a mano che io conservo in cui la Madre parla delle visioni e delle missioni a cui è stata chiamata da Gesù e da Maria.



La prima visione – lo racconta lei in quei documenti – era una grande folla fatta di bambini, poveri, malati. Lei stava in mezzo a loro e tutti avevano le mani alzate verso di lei e le dicevano: Vieni, vieni a salvarci, portaci Gesù.



Nella seconda visione vi è la stessa folla sterminata, ma piena di tristezza. Allora Madre Teresa ha visto la Madonna in ginocchio dietro di lei che le diceva: Questi sono miei. Portali a Gesù e porta loro Gesù. Non aver paura e insegna loro a recitare il rosario. E Maria ha aggiunto: Gesù ed io saremo qui con te e con i tuoi figli.



Nella terza visione avviene qualcosa di simile alla visione del crocefisso che parla a san Francesco nella chiesa di san Damiano e che gli dice: Va’ ripara la mia Chiesa.



Nella visione vi è Gesù in croce, la Madonna un po’ distante e Madre Teresa davanti a Maria. La Madonna aveva la mano sinistra sulla sua spalla e insieme guardavano Gesù sulla croce. E Gesù gli dice: Io ti ho chiesto; loro [la folla] ti ha chiesto; mia Madre ti ha chiesto. Rifiuterai di fare questo per me?



Il giorno di queste visioni era il 10 settembre 1946, che sarà poi chiamato “il giorno dell’Ispirazione” o della “chiamata nella chiamata”.



Fino a quel momento, Madre Teresa, che era entrata anni prima nelle Suore di Loreto, viveva come insegnante ed era felice e quindi non si capisce perché doveva lasciare il convento. Ma dopo quel giorno, ha deciso di seguire Gesù e di servire i poveri.



Gesù gli aveva detto: Piccola mia, vieni, vieni, portami nei buchi dei poveri. Vieni, sii la mia luce. Io non posso andare solo. Essi non mi conoscono e perciò non mi vogliono. Vieni tu e vai in mezzo a loro. Porta me con te fra loro… Nel tuo amore per me essi vedranno me, conosceranno me, vorranno me”.



Questa è l’opera di Madre Teresa, che è opera di Gesù. Ogni volta che la Madre andava fuori, a trovare i poveri, qualsiasi opera che lei faceva, andava con Gesù, operava con Gesù.



Alle sue suore metteva davanti agli occhi l’esempio di Maria che va a trovare la cugina Elisabetta. E Maria corre con gioia e in fretta dalla cugina portando Gesù che si stava formando nel suo grembo. Allo stesso modo, Madre Teresa e tutte le suore oggi, ogni mattina partecipano alla messa, fanno la comunione, poi l’adorazione del Santissimo e poi vanno per le strade. Ogni suora, ogni missionario va con Gesù. E quello che i missionari della Carità fanno non è opera loro, ma di Gesù; noi siamo suoi strumenti. Per Madre Teresa questo era molto chiaro. Lei diceva sempre: Io sono la matita di Dio, un puro strumento.



Lei stessa si considerava un nulla. In una dei dialoghi con Gesù, la Madre gli dice: Gesù, io sono indegna peccatrice e debole. E Gesù le risponde: È per questo che io ti voglio. In tal modo sarà conosciuta la mia Gloria. Perché così l’opera diventa opera di Dio e non propria e il Padre viene glorificato da queste opere buone.



Nel mio primo incontro a Calcutta con la Madre, lei ha proprio insistito su questo: quello che lei faceva non era opera sua, ma di Cristo.



A rafforzare questa unità fra lei e Gesù, vi è stato un matrimonio mistico. In uno dei dialoghi Gesù la chiama “Piccola mia, tu sei la mia sposa”. Quando un pezzo di ferro si attacca a una calamita, il ferro acquista la stessa potenza della calamita e ha la forza di attirare. Allo stesso modo, la Madre è divenuta una sola cosa con Gesù, capace di attirare. Ecco perché ancora oggi il mondo è così colpito da questa donna, questa piccola suora con un grande cuore di amore: il suo cuore è stato trasformato dall’unione con Gesù.



In fondo, è questo il segreto della vita di Madre Teresa, anche del suo periodo di aridità, cominciato negli anni ’50 e proseguito per il resto della vita. In quel periodo lei si sentiva abbandonata da Gesù, arida nella preghiera, ma lei è rimasta fedele al suo amore sponsale per Cristo, fino all’ultimo respiro. E il matrimonio non è questo? Non è fedeltà e amore fino alla fine?

Fonte:
AsiaNews







Riconoscere la santità della Madre serve da stimolo per la Chiesa e per il mondo. È l’inizio di un percorso, l’invito ad approfondire il suo spirito e rivivere il Vangelo come lei lo ha vissuto. La preghiera e l’amore sono le armi più potenti del mondo, ma non devono rimanere parole: servono gesti e testimonianze. Terza parte del racconto di p. Sebastian Vazhakala.



Quando vado a Calcutta, alcuni indù mi domandano: “Ma perché si dice che la Chiesa fa diventare santa Madre Teresa? Per noi lei è già una santa! Questa cerimonia non serve”. E io spiego loro che la canonizzazione è un riconoscimento maggiore della sua santità, che serve non a lei, ma a me, a noi, a tutto il mondo.



Madre Teresa è importante per tutto il mondo di oggi. E la cerimonia della canonizzazione non è la fine di un percorso, ma l’inizio: è l’invito ad approfondire il suo spirito, a rivivere il Vangelo di Gesù come lei lo ha vissuto, usando quelle che lei chiamava “le armi più potenti”, ossia la preghiera e l’amore.



Perché il mondo di oggi va male? Perché si usano altre armi violente. Ma se si va avanti così, non vincerà nessuno. Le armi più potenti sono la preghiera e l’amore. Non solo le parole “Ti voglio bene”, ma le azioni di amore verso gli ultimi, i dimenticati da tutti. Fare come lei ha fatto.



Ad esempio, oggi due Fratelli sono andati al campo profughi vicino alla stazione Tiburtina e hanno portato alla gente un po’ di caffè e qualcosa da mangiare. In questo modo essi continuano l’opera di Madre Teresa. Questa opera non finisce con la canonizzazione, tipo: facciamo la festa e voltiamo pagina. L’opera di Madre Teresa continua, anche perché essa è opera di Dio e ci richiede di riprendere e attuare lo spirito di Madre Teresa.



Ricordo ancora, il 6 settembre 1997, quando Madre Teresa era morta, la CNN mi ha intervistato e mi domandano: “Madre Teresa è morta e ora cosa farete? Cosa farà lei? Che cosa succederà?”.



Io ho risposto: “La Madre è morta, ma Dio non è morto. L’opera compiuta da lei era opera di Dio e questa opera di amore continuerà”. La stessa Madre Teresa diceva spesso che se Dio ha trovato una persona miserabile come lei per compiere la Sua opera, troverà altre persone per continuare e perpetuare questa opera di Dio nel mondo, che ha ancora bisogno di imparare ad amare.



Penso che questo nostro mondo segnato dalla violenza abbia bisogno di imparare da Madre Teresa. Non sono le armi, le pistole, le bombe a risolvere i problemi, ma l’amore di Dio, la carità. Guardiamo cosa è successo in Yemen, dove quattro nostre suore sono state uccise mentre servivano degli anziani. Come è possibile? Uccidere è l’estrema abiezione per un uomo; nemmeno gli animali fanno questo. Ma allora significa che abbiamo ancora molto da imparare per comprendere il vero amore.



La canonizzazione non è solo per la Chiesa. Madre Teresa diceva che “la santità non è un lusso, ma un dovere per tutti”. Anche il Concilio Vaticano II, nella Lumen Gentium ha un capitolo in cui si parla della “chiamata universale alla santità”. Tutti siamo chiamati da Dio a divenire santi. E come avviene questo? Facendo il bene, aiutando i poveri, facendo la volontà di Dio.



Si comprende allora che la canonizzazione non è importante per Madre Teresa, perché lei è già santa e non ne ha bisogno, ma serve a noi, alla Chiesa e al mondo. È un aiuto, una spinta, un incentivo a riprendere lo spirito di Madre Teresa. Lei ci ha lasciato un grande patrimonio, quello dell’amore di Dio e noi dobbiamo diffondere, approfondire e vivere questo patrimonio.



Anche i libri, le cose che lei ha scritto, le sue lettere non sono qualcosa da archiviare, ma occorre diffonderle. Non si mette una lampada sotto il moggio, ma per condividerle, proprio come lei ci ha insegnato: “La gioia viene solo dalla condivisione” e coinvolgendo tutti.



Così, ancora una volta, Madre Teresa ha costruito un ponte fra i poveri e i ricchi, così che i ricchi condividano coi poveri e i poveri ricevano dai ricchi. In questo modo, tutti noi e i Missionari della carità stiamo costruendo un mondo nuovo, segnato dalla condivisione. Solo questo ci dà la pace, la gioia e cambia il mondo non con la violenza, ma con la forza che viene dall’amore. La canonizzazione della Madre ci deve spingere ad agire, a fare così. Come dice Gesù nella parabola del Buon Samaritano: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso” (Luca 10, 37).

Fonte:
AsiaNews














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"[...] Non abbiate paura!
APRITE, anzi, SPALANCATE le PORTE A CRISTO!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.
Non abbiate paura!
Cristo sa "cosa è dentro l’uomo". Solo lui lo sa!
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro,
nel profondo del suo animo, del suo cuore.
Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra.
È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione.
Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo.
Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna. [...]"


Papa Giovanni Paolo II
(estratto dell'omelia pronunciata domenica 22 ottobre 1978)



 
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