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La Chiesa è di Cristo!











RINUNCIA DI BENEDETTO XVI E OPINIONE PUBBLICA



Prof. Norberto González Gaitano, Docente di Opinione Pubblica - Pontificia Università della Santa Croce, Roma



Di fronte alla decisione in coscienza, meditata e sofferta di un uomo - anche se Papa – non c’è altra reazione che quella di manifestare rispetto, profondo rispetto. E in questa reazione l'opinione pubblica mondiale è stata unanime: leaders religiosi, capi di Stato, presidenti di Governo e gente comune. Questa forma di giudizio la si può racchiudere con il classico aforisma "vox populi, vox Dei".

Qualunque altro giudizio, se vuole essere ragionevole, non può che vertere sugli effetti, calcolati o imprevedibili, dell’azione compiuta, e non sulla persona o sull’azione in sé. Pertanto, il giudizio è necessariamente storico, formulato da una prospettiva temporale, e quindi soggetto esso stesso a cambiamenti. Lasciamo questo giudizio agli storici. Tuttavia, l’opinione pubblica non può attendere il giudizio degli storici per formarsi. E su questo avvenimento in corso si sta effettivamente già formando. In merito a questo tipo di giudizio, ancora più contingente di quello degli storici, mi azzardo a formulare alcune considerazioni dal punto di vista di chi si occupa da diversi anni della ricerca sull’opinione pubblica e la Chiesa.

1. Un’analisi, necessariamente provvisoria, dell’opinione pubblica internazionale così come traspare dai mezzi di comunicazione, è chiaramente molto positiva, anche tra i non cristiani. Già il solo fatto che si presti un’attenzione globale così rilevante – ad eccezione della Cina per ovvie ragioni di censura – alla rinuncia del “capo di una delle religioni” dimostra che, in qualche modo, l’opinione pubblica percepisce la singolarità della Chiesa Cattolica e dell’uomo che la governa, le cui pretese sono diverse dalle altre religioni. Queste pretese, potranno essere accettate o meno, a seconda che si abbia fede oppure no, ma sono comunque percepite come tali. Non si riserva una simile attenzione alla rinuncia di nessun altro leader religioso. Evidentemente, ci sono altri fattori: numero di seguaci, storici, ecc. Ma da soli non spiegano questo interesse.

2. Negli ambienti cattolici, all’interno della Chiesa, insieme ad una esplicita adesione a Benedetto XVI e ad un’accettazione della sua decisione, trovo domande e a volte perplessità. Una decisione come questa, cambia il ruolo del Papa nella Chiesa? Sarà di beneficio o pregiudizievole per il futuro della Chiesa? Condiziona le decisioni dei suoi successori, e in che modo? Queste sono domande che hanno a che fare con l’opinione pubblica nella Chiesa. Su questo piano, quello della formulazione e della formazione dell’opinione pubblica nella Chiesa, avanzo alcuni argomenti:

a) A livello di fede (a livello del dogma, dei contenuti essenziali della fede), l’opinione pubblica non ha un ruolo discorsivo. Si è dentro o fuori della comunione della fede. Il Credo non dice nulla delle dimissioni del Vicario di Cristo. Però l’opinione pubblica si manifesta anche su questo piano come sensus fidelium, che non giudica la decisione del Papa ma che prega. Infatti, si sta manifestando come plebiscito di preghiera per la Chiesa, per il Papa e per il suo successore. Basta navigare in Internet per “ascoltare” questo clamore.

b) A livello pratico, della comunione di vita –la Chiesa non è una comunità democratica, però si che è una comunione – l’eventuale dimissione di un Papa spetta soltanto a lui, ponendosi davanti a Dio e alla sua coscienza. Però lui, come gli altri fedeli, deve dare conto in qualche modo alla comunione dei fedeli (accountability), dato che non è un potere dispotico. E ciò è precisamente quello che ha fatto Benedetto XVI, dando conto della sua scelta direttamente al Concistoro di Cardinali che lo assistono nel suo governo, in rappresentanza di tutta la Chiesa. E così a tutti i fedeli e all’opinione pubblica in generale.

c) Sul piano contingente, regna la libertà, con argomenti, ragionevoli oppure no, con migliore o peggiore fondamento. In questo ambito, le discussioni sono aperte e necessarie. Nel futuro, i Papi e i Cardinali, i canonisti e i teologi,... e in qualche modo tutti i fedeli, dovranno pensare a come governare la Chiesa in maniera chiara e trasparente quando il Papa è impedito, si dimetta o no. L’azione di Benedetto XVI rappresenta una lezione di comunicazione anche in questo ambito: liberare ciò che è contingente con decisioni contingenti. Solo i santi hanno questa libertà di spirito, perché a loro importa il giudizio di Dio, e non quello della storia, come fece Giovanni Paolo II quando decise di continuare fino alla morte.












RICONOSCERE CIÒ CHE È DOVUTO...



Rev. Prof. Jesús Miñambres, Docente di Diritto Patrimoniale Canonico - Pontificia Università della Santa Croce, Roma



La notizia della rinuncia del Papa alla Sede provoca al giurista una prima reazione di ringraziamento: poiché è giusto dare a ciascuno ciò che gli spetta, innanzitutto bisogna ringraziare il fedele Joseph Ratzinger per il percorso di vita fin qui fatto e per la sua disponibilità all'azione della grazia, che lo ha portato lontano dalla sua passione per l'insegnamento e la ricerca verso un impegno in ruoli di governo al servizio della Chiesa. In termini più tecnici, la rinuncia di Benedetto XVI all'ufficio di Romano Pontefice attua una delle possibilità previste nella Chiesa per provocare la vacanza della Sede Apostolica, l'altra è la morte del Papa. Ipotesi "prevista" legalmente (can. 332 § 2 CIC e 44 § 2 CCEO; n. 3 e 77 Universi Dominici Gregis) ma mai avvenuta pratica; ipotesi trattata dagli autori (vi è perfino una voce di P. Majer in un recente Diccionario General de Derecho Canónico, Pamplona 2013) ma mai verificatasi nella prassi. Ipotesi che adesso si avvera e che pone alcuni quesiti giuridici interessanti: come si configura lo statuto giuridico personale di chi "è stato" Romano Pontefice? Analogamente a quello che succede con le altre sedi episcopali, si potrà anche parlare di un vescovo "emerito" di Roma? In termini più fondamentali, cosa spetta a chi "è stato" Romano Pontefice?

Sono quasi sicuro che Benedetto XVI ha meditato su queste questioni e ha consultato degli esperti per procedere con prudenza. Sono altrettanto certo che non sono stati questi gli aspetti più importanti da prendere in considerazione prima di decidere il passo da fare.

Penso che, indipendentemente dalle riflessioni giuridiche che si possano fare, la libertà di spirito e la trasparenza con cui è stata portata a termine la decisione, meritino accoglimento grato da parte dei fedeli nei confronti di chi è ancora per qualche settimana il pastore supremo della Chiesa, e accompagnamento nella preghiera durante questa tappa senza precedenti nella storia cristiana.












COERENZA E UMILTÀ NELLA DECISIONE DI BENEDETTO XVI



Rev. Prof. Philip Goyret, Vicerettore, Docente di Ecclesiologia - Pontificia Università della Santa Croce, Roma



Tutti siamo rimasti sorpresi da questo gesto inatteso di Benedetto XVI, e la prima reazione naturale di ogni cattolico deve essere la preghiera intensa e profonda per la sua persona e per la Chiesa. A ben guardare, però, la decisione del Papa si pone in grande coerenza col suo pensiero e, più particolarmente, con il modo di capire la funzione petrina. Essa, infatti, non si regge secondo i parametri del governo delle nazioni. Quando gli apostoli discutono su chi sarebbe il più grande, Gesù dice loro: “Chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve” (Lc 22,26).

Per il capo degli apostoli, e per i suoi successori nel governo della Chiesa, è essenziale la consapevolezza di essere totalmente al servizio del gregge. Quando si percepisce che le condizioni per svolgere questo servizio vengono meno - e ciò può succedere in diversi modi, non solo nell’ambito della salute fisica o mentale -, la decisione di ritirarsi emerge come scelta non solo coerente, ma anche come risultato di un atteggiamento personale segnato dall’umiltà, lontano dall’attaccamento despotico al potere. Così, il “semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”, come volle presentarsi al mondo quando il 19 aprile 2005 si affacciò in Piazza San Pietro per salutare la folla ivi congregata, si è mantenuto tale fino alla fine.

Ma l’aspetto essenziale è sempre il servizio, come detto nel Vangelo di Luca. Il modo di servire può essere molto incisivo anche attraverso la sofferenza e la malattia, come fu il caso degli ultimi anni del pontificato precedente. Teniamo presente che il governo della Chiesa più efficace fu quello fatto da Gesù dalla croce, in qualche modo continuato da Pietro apostolo, anche lui morto in croce. Possiamo dire, in definitiva, che la dimissione dalla funzione primaziale è anche un morire alla gloria, e così Benedetto XVI ci lascia un esempio tanto valido quanto quello di Giovanni Paolo II.












UNA SVOLTA STORICA



Rev. Prof. Johannes Grohe, Direttore 'Annuarium Historiae Conciliorum', Docente di Storia della Chiesa - Pontificia Università della Santa Croce, Roma



Dal punto di vista storico, la rinuncia di Benedetto XVI rappresenta una svolta: sebbene si possano indicare come esempio le rinunce di San Clemente I (97) oppure di S. Ponziano (235), tuttavia si tratta –ugualmente ad altri casi simili durante i primi secoli– di situazioni di persecuzione della Chiesa in cui la dimissione aveva lo scopo di non lasciare la Chiesa senza pastore. Nemmeno la rinuncia al papato di San Celestino V (1294) può essere seriamente addotta come esempio, giacché il santo eremita dopo pochi mesi si rese conto della propria inadeguatezza e di una dipendenza sempre più soffo­cante della corte napoletana, e con grande umiltà trasse le conseguenze. Il Papa ieri ha preso la sua decisione con grande coraggio e piena libertà: quando un Papa giunge alla chiara consapevo­lezza di non essere più in grado fisicamente, psicologicamente e mentalmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto ed in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi, aveva dichia­rato nel libro-intervista di Peter Seewald 'Luce nel Mondo' del 2010.












“UN'UMILTÀ TROPPO GRANDE PER PICCOLI ORGOGLIOSI...”


Dott. Daniel Arasa, Professore Associato di Struttura dell'Informazione e Comunicazione Digitale - Pontificia Università della Santa Croce, Roma



Il Papa ha deciso farsi da parte. È stata dura. Dura per lui che, come ha ribadito nel giorno del fatidico annuncio, ha preso questa difficile decisione dopo “aver ripetitutamente esaminato la questione in coscienza” davanti a Dio. E dura è stata anche per noi, cattolici, che non ci aspettavamo –non è che siamo molto abituati— ad una fine di Pontificato così... Infatti, le prime reazione di molti di noi sono state di sorpresa e incredulità: è vero? è possibile?...

Poi, con il passare delle ore e la conferma dei “tweet” e gli sms, sono arrivati le prime reazioni, in molti casi di rispetto e ammirazione, in altri di sgomento ed smarrimento... È logico che tutti noi ci chiediamo il perché di tale estremo gesto. Dopo quello che ha fatto Giovanni Paolo II, cioè una confessione della propria fede fino alla morte, ci viene da chiedere, come è possibile che un Papa, Benedetto XVI, possa dimettersi? Al di là del fatto che ogni persona (e il Papa è una persona) è differente, e quindi non vale l’equiparazione “se quel Papa ha fatto..., allora questo Papa deve fare anche ...”, sarebbe presuntuoso da parte nostra cercare di spiegare completamente il perché. È il Papa che in coscienza ha deciso, quindi sarà Dio a giudicare la sua decisione che, per altro, è compatibile con il Diritto Canonico.

Nel mio piccolo, il problema della dietrologia che si è scatenata in alcuni (troppi) media e che ha travolto molti di noi è molto più semplice: siamo così orgogliosi che non crediamo alla semplicità di un umile gesto. Quando ha il Papa usato giri di parole, mentito, o dorato la pillola per dire quel che pensava? Mai. Se per una cosa si è caratterizzato questo Pontefice, sia come teologo sia come pastore universale, è stata per la sua trasparenza, chiarezza e perfino ingenuità nel manifestare il suo pensiero. Lunedì scorso, il Papa ha detto: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino (...). Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma”... Più chiaro di così... Umilmente il Santo Padre ci da il motivo della sua rinuncia, e molti continuano a pensare a motivazione profonde, estranee, complotti di Curia e quant’altro... Forse il problema è che siamo troppo complicati, orgogliosi nel nostro piccolo, per non accettare la semplicità e la transparenza di un grande gesto di umiltà.





IL TESTO COMPLETO DEL PAPA:



CITTA' DEL VATICANO - "Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa". Così comincia il testo dell'annuncio delle dimissioni di Papa Benedetto XVI, fatto, in latino, dallo stesso Pontefice durante il concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto.

"Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio - prosegue il testo - sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell'animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20.00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l'elezione del nuovo Sommo Pontefice".

"Carissimi Fratelli - conclude il Papa - vi ringrazio di vero cuore per tutto l'amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell'eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio".

(11 febbraio 2013)
Argomento pubblicato su Blog CATTOLICI, il Raccoglitore Italiano di BLOG di Fedeli CATTOLICI...
http://blogcattolici.blogspot.com/
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"[...] Non abbiate paura!
APRITE, anzi, SPALANCATE le PORTE A CRISTO!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.
Non abbiate paura!
Cristo sa "cosa è dentro l’uomo". Solo lui lo sa!
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro,
nel profondo del suo animo, del suo cuore.
Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra.
È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione.
Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo.
Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna. [...]"


Papa Giovanni Paolo II
(estratto dell'omelia pronunciata domenica 22 ottobre 1978)



 
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